Effetti E Conseguenze Dell’uso Dei Videogiochi Violenti

Effetti E Conseguenze Dell’uso Dei Videogiochi Violenti

A cura del dott. Giuseppe Martorana

Derivati dai “War Games”, giochi di guerra, con cui si intendeva addestrare i militari, negli ultimi anni i videogiochi violenti sono diventati un gigantesco business per le aziende multinazionali di videogiochi. Ma i recenti massacri (la scuola di Newtown, nella Columbine High School, al Politecnico in Virginia;  il caso dei due ragazzini di Detroit, che hanno ucciso un loro coetaneo, bruciandone i resti, solo per imitare “Manhunt-2”; il caso nel Kentucky di Michael Carneal, un quattordicenne videodipendente che ha ucciso tre ragazzine; la recente strage avvenuta in un centro commerciale di Omaha per opera di uno studente ossessionato dal videogioco militare ‘CounterStrike’)  hanno attirato l’attenzione del mondo politico statunitense e non solo.

 

Negli ultimi anni, anche in seguito ai suddetti accadimenti, molti studiosi hanno dibattuto sugli effetti che i videogiochi dal contenuto violento possono avere sui giovani (Anderson 2004).

Ciononostante dopo un decennio di studi e ricerche gli studi si dividono in due posizioni antitetiche. Da una parte quelli che sostengono che i videogiochi violenti elicitano l’aggressività; dall’altra parte quelli che ritengono che non vi siano sufficienti evidenze scientifiche attestanti un legame stretto tra questi due aspetti. Ipotesi avvallata anche da due grosse rassegne compiute dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 2011 e dal governo australiano nel 2010, i quali hanno confrontato svariati dati sperimentali, correlazionali e longitudinali. Entrambe le rassegne indipendenti per data ed organizzazioni, hanno trovato la ricerca sui videogiochi incoerente, poco convincente e piena di difetti metodologici. La Corte Suprema degli Stati Uniti, per esempio, ha dichiarato: "Gli studi che dimostrerebbero un collegamento tra l'esposizione a videogiochi violenti e gli effetti dannosi sui bambini non dimostrano che tale esposizione provoca minori ad agire in modo aggressivo ".

Gli studi finora fatti presentano diverse teorie, dall’analisi della letteratura operata da Bensley e Van Eenwyk (2001) emergono infatti sei differenti modelli del rapporto tra videogiochi violenti ed aggressività:

  • Secondo la Social Learning Theory di Bandura (1973), i videogame violenti funzionano come una fonte di apprendimento imitativo del comportamento aggressivo.
  • La Arousal Theory di Tannenbaum & Zillmann (1975) asserisce, invece, che la loro pratica può indurre attivazione neurovegetativa, che troverebbe nel comportamento aggressivo il modo di essere scaricata.
  • Secondo la Theory of Priming (Berkowitz, 1984), i videogiochi violenti possono attivare strutture cognitive associate al contenuto violento e in tal modo rafforzare il legame tra il sistema semantico dell’utilizzatore e il comportamento aggressivo.
  • Anche la General Affective Aggressive Model Theory (Anderson & Dill, 2000; Anderson, Gentile, & Burkley, 2006) fa riferimento all’effetto priming; essa sostiene che giocare con videogiochi violenti faciliti l’emergenza di pensieri aggressivi e sentimenti di ostilità.

A questi quattro modelli si contrappongono due approcci.

  • La Catharsis Theory (Feschebach & Singer, 1971) afferma che i videogiochi violenti possono avere un effetto rilassante in quanto essi sono capaci di provocare ed allo stesso tempo canalizzare l’espressione dell’aggressività latente. In modo non dissimile,
  •           La Drive Reduction Theory (Rubin 1994), l’uso di videogiochi violenti può tradursi in un maggior equilibrio emozionale, in quanto esso permette la combinazione tra un momento di attivazione e un successivo momento di rilassamento. Per esempio, soggetti fortemente stressati o frustrati potrebbero recuperare il proprio equilibrio emozionale attraverso l’attività di gioco, come risultato della attivazione e successiva scarica connessa all’esposizione. L’autore arriva così a suggerire che il gioco con i videogame violenti potrebbe essere utilizzato negli interventi volti a contrastare i comportamenti aggressivi.

Un certo grado di violenza e di azione è sempre stata parte dei giochi siano essi tradizionali o a video, ma le ultime tendenze denunciano svolte decisamente preoccupanti: automobilisti dediti ad investire il maggior numero possibile di passanti, serial-killer che vagano per le strade alla ricerca di esseri umani da uccidere, piccoli criminali che cercano di suscitare consensi presso il boss commettendo rapine, o uccidendo poliziotti, ecc. La violenza dei VG è spesso gratuita, ludica, è pura manifestazione di forza e di onnipotenza che non si ferma davanti al limite posto dall’altro, ma si impone in tutta la sua primordialità.

Nel videogioco vi è una fonte di gratificazione del bisogno di potere e controllo sul reale; nel videogioco è possibile abbandonarsi all’illusione infantile di un controllo onnipotente sul mondo e a quella della negazione del bisogno dell’altro. Oltretutto, l’uso intensivo di Videogiochi può comportare una serie di complicazioni mediche dall’epilessia, a problemi ortopedici legati alla postura, problemi oculistici ma anche problematiche legate all’alimentazione e al ciclo sonno veglia.

Tra i giochi maggiormente discussi ed oggetto di dibattito vanno annoverati Carmageddon dove il giocatore per prendere punti e vincere deve tra le altre cose investire dei pedoni Mortal Kombat, famoso per le morti cruenti e il massiccio uso di sangue e Grand Theft Auto, gioco ambientato in una città in cui tutto è possibile al giocatore, compreso rubare, uccidere, fare sesso.

La potenziale influenza dei videogiochi violenti sulla violenza giovanile rimane un motivo di preoccupazione per psicologi, politici e famiglie. Sebbene siano stati condotti numerosi studi sugli effetti della violenza nei videogiochi, ci sono due importanti limitazioni in queste indagini. In primo luogo, la maggior parte degli studi sperimentali che hanno confrontato gli effetti della violenza nei videogiochi con i videogiochi non violenti  non sono riusciti a equiparare questi giochi in termini di competitività, difficoltà, e ritmo dell'azione. Quindi, anche se la constatazione comune è che i videogiochi violenti producono livelli più elevati di aggressività rispetto ai videogiochi non violenti, altri fattori, al di là del contenuto violento reale possono essere responsabili per i livelli elevati di aggressività. In secondo luogo, molti studi sperimentali hanno avuto la tendenza ad utilizzare una misura di aggressione non efficace, la quale potrebbe correlare con la competitività, portando a domande sul fatto che i videogiochi violenti sono legati alla aggressione o alla competitività.

Sicuramente oltre al tema della violenza del videogioco non bisogna sottovalutare gli aspetti legati all’azione, alla competizione ed all’adrenalina che questa tipologia di gioco possiede e che contribuiscono a renderlo popolare, ancor di più tra i ragazzi che sono alla ricerca di emozioni forti. A parte questo, c’è da considerare che l’adolescenza è un periodo di costruzione di identità, di continua ricerca di modelli da imitare, dove il senso di onnipotenza e il desiderio di confrontarsi con i propri limiti fa parte dell’età, pertanto non stupisce che un gioco che permetta di fare tutto ciò che non puoi fare nella realtà attragga cosi tanto gli adolescenti. Col gioco possono sublimare quei desideri i quali la società reputa inaccettabili, che punirebbe. Per i più piccoli si potrebbe parlare di emulazione dei modelli, tutti i bambini piccoli vogliono i giochi dei bambini più grandi.

Il ruolo della famiglia è di fondamentale importanza in questo tema, la famiglia ha il compito di educare e tramandare certi valori e principi, pertanto il tema della violenza nei videogiochi e non solo, dovrebbe essere discusso ed affrontato coi figli. Nello specifico dei videogiochi alla famiglia è richiesta una supervisione adeguata, che consiste nell’importante compito educativo ed affettivo di far si che i videogiochi non divengano sostitutivi di attività e metodi fondamentali per lo sviluppo cognitivo e la prosocialità (apprendimento scolastico, lettura, esercizio fisico, giochi tradizionali con i pari, etc..). È compito dei genitori stabilire le modalità attraverso le quali i figli possano usufruire di questo specifico intrattenimento, stabilendo regole precise in età giovanile con l’auspicio che esse vengano seguite anche in giovane età adulta, quando si acquisisce un maggiore senso critico.

Tali regole, si specifica, non necessariamente richiedono un atteggiamento repressivo: si hanno sicuramente risultati più proficui con uno stile più collaborativo, del tipo «se finisci presto i tuoi compiti, dopo verrò a giocare con te».

I genitori dovrebbero adottare un comportamento chiaro, in grado di non reprimere i bisogni dell’adolescente, ma anche di frenare gli eccessi verso cui può tendere. A tal proposito potrebbe essere utile informarsi sui contenuti dei videogiochi e l’età consigliata (Pan European Game Information - PEGI), in modo da decidere col giovane quelli che possono essere adatti o meno adatti, concordare dei tempi di gioco, con le pause, delle volte anche giocare assieme ai figli può essere un buon modo per tutelarli e conoscerli meglio, così facendo si potrebbe anche intervenire in caso di contenuti di un certo tipo così come durante un film si possono spiegare certi contenuti. Così facendo si medierebbe nel rapporto che i figli hanno con il videogioco.

I genitori possono proteggere i loro bambini da potenziali danni da videogame , seguendo alcune strategie - in particolare se sono preoccupati che i loro figli potrebbero essere vulnerabili agli effetti dei contenuti violenti senso comune:

  • Controllare il rating PEGI per capire meglio verso quale fascia di età è consigliato il videogioco.
  • Giocare ai videogiochi con i bambini, per comprendere meglio il contenuto, e vedere come reagiscono.
  • Posizionare console di video e computer nelle aree comuni della casa, piuttosto che nella camera dei ragazzi.
  • Impostare dei limiti sulla quantità di tempo che il giovane può giocare.
  • Incoraggiare la partecipazione a sport o attività scolastiche nelle quali i giovani possono interagire con i coetanei in persona piuttosto che online.

E come linea guida il BUONSENSO prima di tutto!

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

Anderson C., A. (2004). An update on the effects of playing violent videogames. Journal of Adolescence, 27, 113-122.

Bandura, A. (1973). Aggression: a Social Learning Analysis. Prentice-Hall Inc., Englewood Cliffs, New Jersey.

Bensley, L., & Van Eenwyk J. (2001). Videogames and real-Life Aggression: Review of the literature, Journal of Adolescent Health, 29, 244-257.

Carnagey, N; Anderson, C, Bushman, B (2007). The effect of video game violence on physiological desensitization to real-life violence. Journal of Experimental Social Psychology 43 (3): 489–496.

Griffiths, M. (1999). Violent videogames and aggression: A review of the literature. Aggression and Violent Behavior, 4(2), 203-212.

Hasan, Y., Bègue, L., Bushman, B., L. (2012). Viewing the world through “blood-red tinted glasses”: The hostile expectation bias mediates the link between violent video game exposure and aggression. Journal of Experimental Social Psychology, 48(4), 953-956

Hasan, Y., Bègue, L., Scharkow, M. & Bushman, B.J. (2013). The more you play, the more aggressive you become: A long-term experimental study of cumulative violent video game effects on hostile expectations and aggressive behavior. Journal of Experimental Social Psychology, 49: 224–227.

Salvatore, S., Quarta, R., Ruggieri, R. (2010). Videogiochi a contenuto violento ed aggressività. Un modello semiotico della loro relazione. Psicologia Scolastica - Volume 9, Numero 1 - pp. 53 – 77.

Cerca nel sito

Facebook

Disclaimer

Alcune delle immagini contenute in questo sito sono immagini già pubblicate altrove su internet. Se dovesse essere pubblicato materiale protetto da copyright non esitate a contattarci e provvederemo immediatamente a rimuoverlo. Tutti i contenuti presenti in questo sito sono prodotti allo scopo di diffondere la cultura e l'informazione psicologica. Non possiedono quindi alcuna funzione diagnostica e non possono sostituirsi ad un consulto specialistico.

 

Dove trovarmi

Ricevo previo appuntamento presso
il Centro Clinico Spezia Salute,
sito in via Carducci n.10 - 19126 - La Spezia (SP) 
Tel. 00 39 340 40 94 240 
Skype contact: giuma7786
mail: giuseppe.martorana@sibric.it
PEC: giuseppe.martorana.414@psypec.it

Attività

  • Consultazione e psicoterapia con adolescenti, giovani e adulti
  • Consultazione e Sostegno alla Genitorialità
  • Ricerca e supporto sui comportamenti autolesionistici
  • Progettazione di interventi di comunità
  • Formazione presso Enti privati e pubblici
  • Valutazione Psicologica

Free Joomla! template by L.THEME